Non renvoyée au Conseil constitutionnel
Irrecevabilité
Non renvoyée au Conseil constitutionnel
Non renvoyée au Conseil constitutionnel
Non renvoyée au Conseil constitutionnel
Non renvoyée au Conseil constitutionnel
Non renvoyée au Conseil constitutionnel
Non renvoyée
(Conseil constitutionnel déjà saisi de cette QPC)
Non renvoyée
(Conseil constitutionnel déjà saisi de cette QPC)
Non renvoyée au Conseil constitutionnel
Non renvoyée au Conseil constitutionnel
Non renvoyée au Conseil constitutionnel
Non renvoyée
(Conseil constitutionnel déjà saisi de cette QPC)
Pourvoi c/ Cour d'assises de l'Essonne, 16 janvier 2015
Tribunal paritaire des baux ruraux de Troyes, 31 juillet 2015
Pourvoi c/ Cour d'appel de Paris, 2 octobre 2014
Massimo V. Benedettelli, Profili di diritto internazionale privato ed europeo delle società, in Rivista di diritto societario, 1/2015, pp. 35 ss.
1. La dimensione internazionalprivatistica ed europea del diritto delle società. – 2. Criteri guida per il coordinamento tra diritto interno, diritto straniero e diritto europeo in materia societaria. – 3. Il coordinamento internazionalprivatistico secondo il diritto italiano: rinvio tendenzialmente integrale alle valutazioni dell’ordinamento di costituzione della società. – 4. L’influenza del diritto europeo sul coordinamento tra gli ordinamenti degli Stati membri in materia societaria. – 5. L’ambito della giurisdizione italiana in materia societaria. 6. – Il riconoscimento di sentenze, altri provvedimenti e lodi arbitrali stranieri in materia societaria. – 7. Il diritto applicabile in materia societaria. – 8. Le fusioni e le scissioni internazionali. – 9. Il trasferimento della sede sociale all’estero.
Professor Dr. Tim W. Dornis, who teaches law at the Leuphana University (Lüneburg/Germany), has published a very interesting article on the application of the local data theory in European private international law in the Swiss Review of International and European Law (SZIER/RSDIE): Tim W. Dornis, Die Theorie der local data: dogmatische Bruchstelle im klassischen IPR, SZIER/RSDIE 25 (2015), p. 183. The author has kindly provided us with the following English summary:
“Quite often, the applicable law in international torts is not the law of the place where the tortfeasor acted. Indeed, both article 17 of Rome II and article 142 of the Swiss PIL provide for a consideration of “local rules of safety and conduct” instead of an application of the lex causae. Nevertheless, many questions around this so-called local-data doctrine remain unanswered—in particular, the distinction between rules that are “strictly territorial” and rules that are deemed to allow for more “flexibility” is problematic.
An oft-enunciated illustration of the first category is a traffic accident between two German tourists in England. While the German lex domicilii communis may be applied with respect to the liability of the tortfeasor, the English rule of driving on the left side of the street must provide for the standard of conduct. Of course, the tortfeasor cannot claim that he was acting in accordance with German traffic laws while driving his car in England. An example of the second, more flexible category can be found in rules on alcohol limits. These rules are supposed to be more adaptable insofar as parties from the same country are able to ‘carry’ their lex communis with them into a foreign jurisdiction.
If agreement exists—and it does—that considering local data serves lawmakers’ concern for maintaining the local order, this differentiation is questionable. Don’t alcohol limits also promote the safety of local traffic? A closer look at these and other problems reveals that the issue of local data lies at the heart of a debate confronting European choice of law in the Savignian tradition: the discussion on the interrelation between substantive justice and conflicts justice. As this article suggests, a more policy-oriented view allows for modest changes in the categorization of local rules of safety and conduct. This ultimately paves the way for consistent and practically workable results.”
In una ordinanza del 21 luglio 2015, il Tribunale di Milano si è pronunciato sull’individuazione del “luogo di esecuzione” di una decisione agli effetti dell’art. 22 n. 5 della Convenzione di Lugano del 30 ottobre 2007 sulla competenza giurisdizionale e il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile commerciale. Tale norma, pressoché identica a quella che si leggeva nell’art. 22 n. 5 del regolamento n. 44/2001 (Bruxelles I) e che ora si ritrova all’art. 24 n. 5 del regolamento n. 1215/2012 (Bruxelles I bis), attribuisce una competenza esclusiva, in materia di esecuzione delle decisioni, ai giudici dello Stato, vincolato dalla Convenzione, “nel cui territorio ha luogo l’esecuzione”.
Nella specie, si trattava di localizzare un’attività esecutiva consistente nell’espropriazione forzata di crediti presso terzi.
La domanda, avanzata da una società svizzera, riguardava un lodo arbitrale emesso in Ticino e dichiarato esecutivo in Italia, recante la condanna di un cittadino italiano residente in Tailandia. Il creditore procedente aveva allora provveduto alla notificazione di un atto di pignoramento al debitore pignorato e ad altri due soggetti debitori di costui, aventi entrambi sede in Italia. Su queste premesse, debitore e terzi sono stati citati a comparire davanti al Tribunale di Milano.
Il giudice adito, rilevata la necessità di verificare la sussistenza della giurisdizione italiana, ha ritenuto di dover fare riferimento alla Convenzione di Lugano del 2007, avendo cura di rilevare che la stessa deve interpretarsi “tenendo debitamente conto” dei principi elaborati dalla Corte di giustizia con riguardo a disposizioni analoghe contenute sia nella Convenzione di Lugano del 1988 (che la Convenzione del 2007 ha provveduto a sostituire), sia nella Convenzione di Bruxelles del 1968 e nel regolamento Bruxelles I.
Riferendosi, dunque, all’art. 22 n. 5 della Convenzione, il Tribunale di Milano ha osservato, innanzitutto, che nel determinare il significato di espressioni dal tenore letterale incerto — quale può essere, appunto, “il luogo di esecuzione di una decisione” — occorre preferire, come emerge del resto dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, un approccio autonomo, cioè sganciato dalle categorie dei singoli ordinamenti nazionali, e valorizzare la finalità perseguita dalla norma in questione, presa individualmente e nel contesto in cui è calata.
Tradizionalmente fondata sull’esistenza di un legame particolarmente stretto tra fatti e foro, la giurisdizione esclusiva dovrebbe allora ritenersi sussistente ogniqualvolta tale prossimità riesca, effettivamente, ad attribuire a questo foro una posizione privilegiata per valutare i fatti in causa, poiché, per usare le parole della Corte di Giustizia nella sentenza Sanders, “è chiaro che i giudici cui è riconosciuta competenza esclusiva [ai sensi dell’allora articolo 16 della Convenzione di Bruxelles del 1968] sono quelli meglio situati per dirimere le controversie di cui trattasi”.
La “buona amministrazione della giustizia”, procede il giudice milanese, è poi, innegabilmente, un valore immanente all’intero sistema di Bruxelles e Lugano, oltre che una finalità espressamente attribuita nella giurisprudenza della Corte di giustizia ai titoli di giurisdizione esclusiva.
Su queste basi, il Tribunale ha concluso che, ai fini dell’art. art. 22 n. 5, il luogo dell’esecuzione, in caso di espropriazione forzata di crediti presso terzi, coincida con il “luogo della sede del terzo”.
Nella specie, come detto, i debitori del debitore erano due persone giuridiche aventi sede in Italia, circostanza atta a rendere il foro italiano, stando al Tribunale, la sede maggiormente idonea a garantire un efficiente svolgimento del procedimento, specie sotto il profilo istruttorio.
Nel diritto processuale italiano, infatti, l’espropriazione del credito presso terzi presuppone una verifica incidentale dei rapporti intercorrenti tra il debitore pignorato ed il terzo, la quale, di regola, dovrebbe svolgersi in forma semplificata e meramente documentale (art. 547 del codice di procedure civile, come modificato).
Potrebbe tuttavia rendersi necessario, localmente, il compimento di altre attività istruttorie – nonché la comparizione in udienza – nel caso, non infrequente, di mancanza o contestazione della dichiarazione del terzo, sulla quale il suddetto accertamento è “fisiologicamente” basato.
L’argomento determinante nel ragionamento del giudice è dunque costituito dalla necessità di garantire quella specifica declinazione dell’economia procedurale data dalla “efficacia della prova”. Il rilievo che, nella giurisprudenza europea, tale profilo sia emerso principalmente nella diversa sede dell’interpretazione del foro dell’illecito (come nella sentenza Mines de Potasse d’Alsace o nella sentenza Marinari) nulla toglie alla valenza generale di questa indicazione, derivante dal carattere integrato delle norme giurisdizionali uniformi.
La soluzione adottata per concretizzare il criterio dettato dall’art. 22 n. 5 avrebbe inoltre, secondo l’ordinanza, il merito aggiunto di soddisfare le esigenze di prevedibilità del foro, altro obiettivo dichiarato del regime di Bruxelles e Lugano. La sede del terzo è un dato della realtà oggettiva, per di più dipendente dalla scelta di un soggetto posto in posizione di tendenziale equidistanza rispetto ad entrambe le parti del procedimento esecutivo. Il riferimento a tale circostanza sembra dunque realizzare un duplice vantaggio: in primo luogo, garantisce la disponibilità di un foro prevedibile e certo, ancorato ad un elemento fattuale sottratto a eventuali condizionamenti del debitore pignorato; in secondo luogo, l’individuazione di un tale foro sarebbe resa immediata ed obiettiva, basandosi su una circostanza neutra, indifferente rispetto alla natura del rapporto intercorrente tra debitore pignorato e terzo, spesso ignota al creditore procedente.
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